mercoledì 23 settembre 2015

Intervento della senatrice Laura Bignami (Movimento X) sulle riforme costituzionali


Legislatura 17ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 510 del 23/09/2015
Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale:
(1429-B) Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della Parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato e modificato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati)

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bignami. Ne ha facoltà.
BIGNAMI (Misto-MovX). Signor Presidente, senatori presenti, la Costituzione italiana è un programma orientato verso il futuro. Questa è la sua forza, ma è anche la sua debolezza. Ovviamente la classe politica non ha avuto la capacità di lavorare nella direzione rivolta alla costruzione di un Paese in cui essa venisse realmente realizzata, ma ha lavorato sul fronte della sua debolezza per gestirlo materialmente e in modo autoreferenziale, raggiungendo l'apice sollevato con la questione morale, posta da Berlinguer con il suo atto di accusa mai risolto.
La Costituzione ritardata, inattuata, tradita e imprigionata. Molte sono state le forze che fin dall'inizio hanno tentato di bloccarla e paradossalmente le più dannose sono state forse proprio le continue proposte di riforme costituzionali, accompagnate da discorsi orientati a denunciarne l'inadeguatezza e la necessità di adeguarla al nuovo.
Nessuno della casta politica dirigente ha pagato il prezzo del mancato compimento e del suo incancrenimento, spintosi fino all'inserimento del pareggio di bilancio, metastasi finanziaria, inserito all'articolo 81 per obbedire alla matrigna Europa, matrigna né politica né democratica, dopo anni di furti, sprechi e intrallazzi non ancora conclusi.
Oggi tocca al bambino scalatore metterci mano: il rottamatore di ciò che lo disturba, non di ciò che necessita di essere rottamato nel Paese.
 Tra un po' ci twetterà gli articoli della nuova riforma e dovremo subire i suoi selfie con i professori della Commissione, una volta approvata.
La relazione della Commissione per le riforme costituzionali considera rimarcabile il fatto che senza i partiti un sistema democratico non sia nemmeno concepibile. E perché mai si dovrebbe, cari professori? Ecco l'errore di fondo. L'autoconservazione della specie politicans.
Per caso all'articolo 1 del nostro paziente catatonico, il Graal non colmato che è la Costituzione italiana, si trova scritto che la sovranità appartiene ai partiti?
 No, miei senatori in estinzione. La sovranità appartiene al popolo. La Costituzione ha il dovere di regolarne le forme, non di aumentarne i limiti.

Il Popolo, questo strano organismo nutrito digitalmente che non sentiamo nemmeno più nominare. Pensate che sia sufficiente uno striminzito articolo 49, che non traccia nemmeno le regole democratiche basilari per la Costituzione di un partito degno della Costituzione e della parola democrazia? Un articolo 49 che non si è osato toccare in nessun senso, lasciando liberi tutti di creare i mostri organizzativi aziendalistici e antidemocratici, i meno trasparenti ed autocratici, i più populisti ed ipocriti che mai si siano visti negli ultimi anni? Tutti liberi di creare quei partiti, così ben descritti da Simone Weil nel manifesto per la loro soppressione, quasi cento anni or sono.
I partiti politici sono macchine per fabbricare la passione collettiva, sono organizzazioni costruite in modo da esercitare una pressione collettiva sul pensiero di ognuno di noi e hanno, come fine ultimo e non unico, la propria crescita, senza alcun limite. Così facendo rovesciano la relazione tra il fine ed il mezzo, dimenticandosi che soltanto il bene è un fine. Ripeto, soltanto il bene è un fine. Diventano autoreferenziali dal momento della nascita, tutti, nessuno escluso. Simone Weil continua dicendo che, quanto a vaghezza della dottrina, sia i partiti più inconsistenti che quelli più rigidamente organizzati sono tutti identici. Altro che necessità irrinunciabile. L'uomo che accetta di entrare in un partito piano piano accetta anche posizioni che ignorava o addirittura contestava, fino ad accettarle tutte, a poco a poco.
È questo il male principale dei partiti e dei movimenti che lo diventano: la perdita della luce, la perdita della propria coscienza.
In questi giorni purtroppo ne stiamo avendo un ulteriore assaggio, assistendo al ricatto delle coscienze e, ancor peggio, alla compravendita del pensiero.
Cari colleghi all'epilogo, tutto nasce dalla crisi dei partiti, ma la crisi dei partiti non è un sintomo della malattia delle istituzioni: i partiti stessi sono il male da curare e cambiare. Si confondono i sintomi con le cause e si vogliono curare i sintomi. Troveremo mai un agnello cristiano?
Nella relazione della Commissione si parla ancora di bipolarismo, o bipolarismo temperato, ma si utilizza la parola post-ideologica. Se vogliamo giocare agli ossimori, facciamo pure.
 Orbene, le parole bipolarismo o tripolarismo (che non sono legate al disturbo bipolare o tripolare di molti leader politici e non solo) non hanno nulla a che fare con il post-ideologico e non possono essere accomunate ad una democrazia che si voglia dire moderna e tale. Siamo di fronte ad un pasticcio malfatto, per il quale non riusciamo nemmeno a vedere una relazione democratica con il lavoro della stessa Commissione.
 La relazione inoltre prosegue con altre contraddizioni. Da una parte si parla del rafforzamento delle prerogative del Governo in Parlamento attraverso la fiducia "monocarnevale", la semplificazione del processo decisionale e l'introduzione del voto a data fissa, mentre dall'altra si parla del rafforzamento degli strumenti di democrazia diretta. Ma quale democrazia diretta? Diretta da chi? Devono ancora capirlo i miei amici del Movimento 5 Stelle che la parola "diretta" non è un verbo.
Cominciamo con il punto riguardante il bicameralismo, il fatidico articolo 2. Avremmo voluto una riduzione sostanziale delle due Camere, con un orientamento federale della seconda, basato su un sistema di rappresentatività territoriale locale, oltre alla riduzione del 50 per cento dei rappresentanti eletti nella prima Camera. Avremmo voluto un sistema elettorale proporzionale e senza sbarramenti, con collegi piccoli e liste assolutamente aperte, senza capetti nominati. Dobbiamo poi spiegare alla senatrice Taverna che il rispetto per le minoranze non si risolve con le espulsioni.
Invece si vuol ridurre la seconda Camera del Parlamento ad un coacervo di eletti di secondo grado alla stregua dell'orripilante sistema che abbiamo visto utilizzato per le ultime elezioni provinciali; un sistema che cozza con il fantomatico processo di rafforzamento e di rigenerazione dei partiti politici, citato dalla Commissione, che li renda capaci di dialogare al proprio interno e - aggiungo io - capaci di costruire le alleanze più assurde al proprio esterno. Per cortesia!
Se dobbiamo assistere ad un pastrocchio del genere per mantenere in piedi il palazzo e tutto il suo carrozzone, senza che gli eletti siano scelti dai popolo sovrano, tanto vale chiudere il carrozzone, mandare a casa gli scarrozzanti e riqualificare tutti i dipendenti, trasformandolo magari in un bel museo. Sì, un museo dei fantocci di cera, per ricordarsi che una volta qualcuno c'era.
Se proprio vogliamo creare un Senato pulito senza regalare o contrattare l'immunità a sindaci o consiglieri regionali, allora accettate il mio emendamento che propone di sorteggiarli secondo gli stessi princìpi.
Pare che la matematica sia realmente il metodo migliore, poiché la statistica vera, quella che segue il sorteggio, obbedisce alle regole della matematica, riduce la corruzione ed è veramente rappresentativa: è difficile convincere una curva gaussiana a spostare la gobba, promettendogli qualcosa in cambio, cari colleghi.
Si voleva un vero cambiamento?
Si poteva dare il voto ai sedicenni, allargando quindi il plebiscito anche ai più giovani, capaci di rigenerare lo spirito nazionale e di acquisire maggiore consapevolezza e responsabilità politica, ma qui i 5 Stelle vi fanno paura.
Perché i membri del Parlamento non rappresenteranno più la Nazione? Perché abbandonare uno dei concetti più importanti provenienti dalla nascita della Costituzione francese del 1791? Forse perché è da anni che non la rappresentano più? A ben pensarci, ironicamente, è un adeguamento corretto dell'articolo 67 della Costituzione ai tempi odierni.
Ma allora potevate cambiare anche l'Art.1, affermando: "l'Italia è una nazione fondata sullo sfruttamento del lavoro, sulla corruzione e sull'evasione fiscale". Sarebbe stato un adeguamento corretto.
Abbiamo chiesto la raccolta elettronica delle firme per i referendum ed abbiamo chiesto l'eliminazione del quorum.
Affiderete ad una sola Camera la dichiarazione dello stato di guerra, vi rendete conto? Noi abbiamo proposto un referendum di tipo costituzionale per combattere una tale pazzia, cioè affidare ad una sola Camera la dichiarazione di guerra, Camera esclusivamente fatta per la maggior parte di eletti. Questa è una pazzia. Avete assegnato grossolanamente l'eventualità di una legge sul referendum propositivo alla Camera, mentre avete riempito di regole, di regolette e di paletti le modalità di gestione dell'attività del futuro Senato, relegandolo a minoranza istituzionale contingentata nei modi e nei tempi.
Queste sono le competenze del "disSennato": leggi costituzionali, leggi elettorali, poche funzioni territoriali e minoranze linguistiche. Tutto qui?
 Su, dai, non state facendo altro che duplicare la Conferenza Stato-Regioni, assegnandogli un nome altisonante per far felici i partecipanti, dandogli anche dei bottoni colorati da schiacciare.
Immagino i senatori riuniti attorno ad un tavolo, come Benigni e Troisi in un famoso film, che scrivono una lettera di "consulto" alla Camera. Avranno 10 giorni per farlo, con la "testa sotto i vostri piedi". Ma saranno contenti dell'immunità, quella sì che è un regalone! Eh sì, e per noi... Beh, a noi non ci resta che piangere.
Avete aumentato il numero di firme necessarie ad una proposta di legge popolare da 50.000 a 150.000.
Avete eliminato le Province? Solo la parola però. Forse sarebbe stato meglio rivedere le Regioni? Ma siccome ci avete messo circa vent’anni per farle ce ne vorranno altri venti per capire che sono dei carrozzoni inutili. E’ proprio la struttura territoriale che andrebbe rivista in termini di ambiti territoriali ottimali ambientali e sociali, di tipo cantonale.
E poi si parla di rafforzamento della democrazia diretta? Ma per favore... Guardate alla Svizzera, se volete imparare qualcosa sulla democrazia diretta.
Suggerisco a chi, in questa aula, utilizza il termine democrazia diretta di chiedere la dispensa per l'utilizzo.
 In quest'aula non è applicato nemmeno l'articolo 67, senza scomodare Bobbio, per il quale mai altra norma costituzionale è stata più violata di questa.
In questi giorni ne abbiamo avuto la riprova, tra i ricatti, le minacce e le promesse.
E, come scriveva Gramsci, «per molti politici la crisi di coscienza non è che una cambiale scaduta o il desiderio di aprire un conto corrente». Figuriamoci se volete davvero far esercitare la democrazia ai cittadini, al popolo sovrano. Cominciate a rispettare quello che i cittadini hanno chiesto.
«La nostra porta è aperta! Siamo aperti al dialogo!». Questo è il mantra ripetuto dalle incaricate, che ascoltavo cercando di capire dove poteva trovarsi il "disco della bambolina".
Niente di tutto ciò che da noi è stato proposto e niente di tutto ciò che anche il buon senso di una parte della vostra minoranza ha proposto è stato preso in considerazione. Grazie al cielo non potete chiedere la fiducia e chissà quale fatica costa al Peter Pan del PD.
I Padri costituenti rabbrividirebbero di fronte alla leggerezza e alla faciloneria, nonché alla testardaggine, con cui state mettendo mano all'unico documento, vero pilastro della nostra nazione.
Anche noi siamo per le riforme, per la modifica di alcuni punti e, soprattutto, per una maggiore e netta separazione dei poteri. Vogliamo ricordarvi che si tratta di un documento frutto di una grande Costituente.
Aristotele diceva che la democrazia è il governo dei poveri, dei non possidenti, mentre l'oligarchia è il governo dei ricchi. Questo, a suo dire, vale indipendentemente dal numero, mentre io aggiungo che in generale i poveri sono più numerosi dei ricchi e di solito sono anche in basso. Ma qualcuno qui non ha capito da chi è stato eletto e perchè.
Non trasformate il Senato in un "sedato", ve ne prego.
Concludo dicendo: bravo, complimenti, la tua non è una modifica, ma è una ri-forma costituzionale. Hai cambiato la forma della Costituzione; infatti non è più democratica, tanto meno rappresentativa.
E proprio perchè queste dinamiche non mi appartengono; proprio perchè si parla di rispetto delle minoranze e si agisce con le espulsioni;  proprio perchè l'onestà intellettuale qui non è di casa, voglio esprimere il mio più completo disagio e la mia più totale indignazione, pertanto, se venissero accolte, rassegnerei le mie dimissioni.
È chiaro che voterò no a questa riforma.
grazie

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