venerdì 22 maggio 2015

L'intervento della sen. Laura Bignami sul ddl cyberbullismo. 20.05.2015





Testo completo dell'intervento

SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVII LEGISLATURA ------


453a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO STENOGRAFICO
MERCOLEDÌ 20 MAGGIO 2015
(Antimeridiana)
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PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bignami. Ne ha facoltà.
BIGNAMI (Misto-MovX). Signor Presidente, onorevoli senatori rimasti, ho partecipato tempo fa alla presentazione di un libro di Eugeny Morozov dal titolo «Internet non salverà il mondo», essendo da sempre incuriosita dalla diversità delle persone e delle loro opinioni, in quanto ben conscia che dal confronto e dalla differenza nascano cose migliori. Sappiamo infatti, e purtroppo, che di norma il dissenso viene ignorato, fino a quando, se non è più possibile farlo, viene denigrato.
Pur non condividendo la negatività che lo stesso studioso sottolinea della Rete e delle tecnologie, ho percepito l'importanza dell'attenzione che dobbiamo dare alla stessa, verso il bene o verso il male cui ci conduce e cui ha condotto anche molti di noi presenti in questa Aula, che continuano a farne un uso molto spregiudicato, sia dal punto di vista politico che soprattutto dal punto di vista comunicativo neurolinguistico, forse ignorando il peso reale dello stesso. Poniamoci la domanda: come utilizziamo la Rete? Che esempio diamo noi ai nostri ragazzi? Poniamoci subito questa domanda per capire che davvero, come suggerisce la relazione introduttiva al disegno di legge che qui si sta discutendo, anche molti di noi come gli stessi ragazzi che vogliamo proteggere o fermare, hanno una chiara incapacità di valutare la gravità delle azioni compiute online. Quanto meno lo spero, come attenuante di ciò che vediamo e subiamo in questi ultimi tempi, insieme a molti di voi. Se il bullismo è già una piaga, il cyberbullismo ne è la realtà aumentata.


Qui oggi, in quest'Aula, a pochi giorni dalle elezioni, pare si voglia prendere una decisione in merito, con un disegno di legge di sei articoli e 325 righe, dove prevenzione e contrasto sono delegate in realtà ad altri tavoli di lavoro, nei quali dovremo porre fiducia. Osservo poi che, se diamo i 265.000 euro previsti per il 2015 alle circa 8.000 scuole secondarie di primo grado, abbiamo circa 30 euro a scuola media e non credo si riesca a comprare neanche un tool di protezione per un server scolastico a quella cifra. Ma a quanti commissari straordinari qui avete dato camionate di soldi? A quanti abbiamo dato camionate di euro?
Albert Hirschman sosteneva che tutte le riforme progressiste attirano in genere critiche conservatrici fondate su tre temi: la perversità (ossia l'intervento non fa che peggiorare il problema in questione), la futilità (l'intervento non produce alcun risultato) e, per ultimo, la messa a repentaglio (l'intervento mette in pericolo i risultati fino al quel momento conseguiti con grande fatica). Anche se mi ritengo dolcemente progressista temo molto nel nostro caso per la seconda, la futilità ed ecco il perché. Nonostante l'approccio legislativo di controllo e di guida, che in questo caso sosterrò comunque, voglio far presente la debolezza e la leggerezza della legge che delega come sempre, al di fuori di queste mura, l'approfondimento e la vera normativa della lotta al fenomeno del bullismo e del cyberbullismo, senza prendere decisioni coraggiose chiare e sanzionatorie o imporre sistemi di protezione e algoritmi automatici di segnalazione ai principali social network, già dotati di queste tecnologie. È vero che all'habeas corpus debba affiancarsi l'habeas data e che, quindi, occorra prudenza nell'utilizzo dei dati e delle informazioni, per non precipitare nella dittatura dell'algoritmo, ma è anche vero che non siamo di fronte a persone virtuali, ma a persone fisiche e ancor più, persone fragili, in quanto minori e, nella maggior parte dei casi, minori con caratteristiche di facile discriminazione sociale, mentale o di salute.
È necessaria una regolazione comportamentale e in questa necessità si possono utilizzare secondo Brownsword (professore all'università di Londra) diversi tipi di regolatori di registro: quello morale, quello prudenziale o quello della praticabilità. Se la prevenzione tramite la praticabilità, che consiste sostanzialmente nel mettere in campo il blocco automatico di determinate situazioni può essere criticabile (anche se non credo in questo caso), una corretta azione di controllo può essere, in particolare per le categorie delle quali stiamo parlando, utile e indispensabile. Questo infatti è possibile e spero che il tavolo tecnico sia all'altezza del compito, senza leopoldismi o cose simili. Infatti, le analisi della Rete e del traffico di informazioni di Facebook, Twitter e Google potrebbero, tramite gli algoritmi già in possesso di queste società e già utilizzati per la ricerca di pedofili e terroristi, portare altresì con estrema semplicità a scovare casi di cyberbullismo oltre che, udite udite, a predirli.
Agli increduli che parlano di difficoltà, pensando che la Rete serva a vendere solo libri, dvd e a contenere le folle rivoluzionarie, ricordo che esistono già sistemi come Shot Spotter, ad Oakland, in California, e PredPol a Los Angeles, impiegati per l'analisi e la predittività degli episodi criminali tramite l'utilizzo di tecnologie di Rete, per l'appunto.
Nel disegno di legge si parla di tavoli e di comitati, con il coinvolgimento dei produttori di dispositivi, dei software e dei servizi con l'utilizzo di marchi di qualità. Speriamo non si tratti della solita creazione di gruppi inutili e improduttivi, con l'emissione di nuove pratiche certificative e altre gabelle appiccicate ai nostri portafogli, arricchite dalla solita fila di "bla bla bla" e di termini come «identificazione», «procedure», «standard», eccetera. Leggo un passaggio del disegno di legge: «un marchio di qualità in favore dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica» e per i produttori di applicazioni che consentano la tutela dei minori o siano in grado di mettere in atto pratiche di tracciamento dei contenuti diffusi dai minori. Questo potrebbe essere accettabile, ma lo sarebbe ancor più, come già detto, una chiara azione intrapresa con i principali social network che consenta il riconoscimento e la segnalazione automatica di situazioni critiche agli enti preposti, puntando, come pare voglia fare la legge, all'eliminazione di tutti i dati riguardanti il minore, cioè alla cosiddetta tutela dinamica dei dati personali, ovvero la "cyberprivacy", che in realtà è diritto di tutti, sancito anche all'articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Per quanto riguarda invece la citazione dei dispositivi elettronici, ci pare piuttosto assurdo che un produttore di dispositivi debba in qualche modo garantire che il proprio cellulare o la propria macchina fotografica non siano dotati di applicazioni che favoriscono il cyberbullismo, ma possiamo accettare anche quest'ultimo caso. L'importante è che il tutto non sia condito dalle solite ipocrisie economiche, le stesse che spesso traggono dall'anonimato degli utenti una grande fonte di sussistenza economica, dovuta alla loro numerosità e ai loro click. Qui abbiamo anche degli esperti. Si tratta di un'economia della Rete interessata nella maggior parte dei casi solo alla vendita di prodotti commerciali, stimolata da venditori chiamati "influencer" e da sistemi informatici creatori di consenso, dove l'utente - il "cliente" - perde la propria identità e passa dal circo delle false opinioni a quello delle offese gratuite.
Questo è il punto principale: l'orientamento culturale distorto che la nostra società sta prendendo in merito a determinati sistemi di comunicazione in Rete e non. La violenza alla persona perpetrata da soggetti che, protetti dal finto anonimato di un utero digitale, non si rendono nemmeno conto della propria pericolosità. Una tremenda gogna che tanti ragazzi non hanno sopportato, spinti al suicidio dall'amplificazione che la Rete dà al male subìto. Il loro suicidio non è stato virtuale, ma - rabbrividisco nel dirlo - è stato reale. Se la scuola è al primo posto, allora lì ci sono i primi responsabili. Se non possiamo parlare di responsabilità e di incapacità dei minori nella valutazione della gravità delle azioni compiute, allora dobbiamo parlare di scarsa presenza e di incapacità della scuola nell'agire per tempo di fronte a queste situazioni.
Non solo: parliamo anche di scarsa conoscenza degli strumenti web da parte della stessa scuola, specialmente dal punto di vista sociologico e psicologico. Talvolta è la stessa scuola che facilita la diffusione e l'utilizzo di strumenti in Rete senza responsabilizzare correttamente i minori e senza indicare quelle che sono le buone pratiche di Rete; ci si preoccupa solamente che vi sia la disponibilità del Wi-Fi, dando la possibilità ai ragazzi di accedere liberamente a materiale non adatto a loro. In tal senso voglio segnalare che qualche preside lungimirante ha già affrontato il problema, vietando l'uso dei dispositivi mobili a scuola, attaccando alla fonte il cyberbullismo, senza aspettare che l'ennesimo tavolo o comitato tecnico diano un chiaro indirizzo in merito sui video e sulle foto che i ragazzi vedono. (La luce del microfono inizia a lampeggiare). Posso concludere, signor Presidente? Mi concede questa grazia?
Ripartiamo quindi da noi e dalla nostra cultura, cercando in primo luogo di insegnare ai nostri figli quei diritti che stanno anche al di fuori del cyberspazio e facendo qualcosa di più di un tavolo tecnico, dando buoni consigli ed esempi di vita ai nostri figli.
Non ignoriamo più, come genitori, le chat, gli insulti e le volgarità che i nostri ragazzi si scambiano in Rete.
Agiamo subito, come insegnanti, come educatori e come operatori nelle scuole, al primo segno di bullismo, senza girare lo sguardo altrove, senza aspettare che le cose peggiorino.
Finiamola con le menzogne e la violenza di cui si caricano le informazioni in rete, con il solo obbiettivo che se ne parli o che si clikki su di un sito.
E qui alla mia sinistra i maghi.
Evitiamo le pagliacciate mediatiche dei leader, i nuovi maestri Manzi al contrario (con tutto il rispetto per il popolo dei bovini e degli insegnanti).
Finiamola con le parole guerriere e sostituiamole con quelle del dialogo e del confronto, con quelle suggerite da un bravo docente o sussurrate con dolcezza da una madre.
Cominciamo noi. Togliamo la pubblicità dalle trasmissioni politiche e non vedremo più i polli scannarsi nelle gabbie, per aumentare l'audience e ridurci a tifosi ultrà di un partito piuttosto dell'altro.
Fino a che questa Assemblea continuerà a confondere le cause con gli effetti non ne verremo a capo.
La causa del fenomeno del cyberbullismo è sociale e culturale. È questo il fronte su cui lavorare.
Diamo soldi alla scuola, diamo soldi alla cultura, investiamo in progetti a lungo termine e abbiate il coraggio di attendere i risultati.
Mi auguro che questa legge, a cui darò comunque il mio voto non negativo, non sia la solita legge fatta con "legge-rezza".
Finisco dicendo che avrei voluto emendare il testo per tutelare disabili e piccoli con più di 3 anni dal cyberbullismo ma visto che la pena è una ramanzina dal questore che dire!

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