“Se 500 milioni di ricchi europei non possono trovare
una soluzione e assimilare pochi milioni di rifugiati, quali possibilità
abbiamo di superare i conflitti assai più seri che affliggono la nostra civiltà
globale?” Yuval Noah Harari
L’Europa, che per secoli è stata il centro di esportazione
culturale ed economica mondiale, ora si trova ad affrontare il rientro
dell’umanità che il suo stesso sviluppo ha attratto, per molteplici ragioni e
congiunture, dovute in primo luogo alle guerre e alla povertà.
Guerre e carestie che sono sempre esistite, anzi si sono
ridotte nell’ultimo secolo, ma che persistono ancora con particolare evidenza
per quanto riguarda i popoli del mediterraneo e del medio oriente a noi prossimi.
Guerre e carestie che sono il frutto di politiche
sconsiderate attuate dagli stati imperialisti per oltre 40 anni.
L’Unione Europea è stata costruita con l’assunzione del
superamento delle differenze culturali tra i vari popoli europei e potrebbe
crollare nella sua incapacità di gestire la spinta migratoria e il relativo
innesto culturale, a cui, in nessun modo, presto o tardi non potrà sottrarsi.
Possiamo riassumere la questione su tre dibattiti, seguendo
lo spunto che ci dà Yuval Noah Harari: l’accoglienza, l’integrazione e la
cittadinanza. Dibattiti che racchiudono in sé un percorso che pragmaticamente
nessuno potrà evitare, se non a breve temine.
Chi non vuole accogliere e quindi tradisce gli ideali
multiculturali e tolleranti non riuscirà per sempre ad opporsi all’accoglienza,
come inutilmente e disumanamente sta facendo Salvini in questo momento e, prima
o poi, dovrà farlo.
Le difficoltà che la Comunità Europea ha creato sancendo
l’impossibilità tecnica di raggiungere l’Europa dall’Africa tramite voli e navi
regolari con la Direttiva 51 del 2001 ha dato il via alla migrazione
irregolare. Le società che gestiscono il trasporto dovrebbero secondo tale
direttiva garantire il rientro di chi, alla partenza, è considerato irregolare.
Praticamente impossibile.
Il trattato di Dublino ha poi delegato agli stati membri la
gestione interna degli arrivi, con il beneplacito dell’assenteista per
eccellenza, Salvini, che non ha mai dimostrato un benché minimo interesse per
la Comunità Europea, ma si è rivolto soltanto, fino a pochi anni fa, ad
affrontare la questione meridionale Italiana, con la stessa protervia, razzista
e violenza, con cui oggi affronta la questione dei migranti (sarebbe persino
stato sottoposto a processo, se non fosse stato salvato dai 5 Stelle, traditori
del loro più grande principio di lotta “antipolitica”, il dovere di affrontare
la giustizia).
Quando ci si deve muovere per forza, prima o poi ci si muove
con forza, se al proprio moto si oppone un’altra forza resistente. Salvini però
si godrà la pensione quando la palla politica del suo business personale
passerà ai successori.
Le politiche economiche e la crescita negativa della
popolazione europea, che invecchia da decenni, richiedono la presenza di altri
fratelli, per poter sostenere il modello economico Italiano ed Europeo, senza
entrare ora nel merito della sua liceità.
Questo è il fulcro della prospettiva futura dell’Europa che,
bisognosa di forza lavoro, potrebbe però portare al solo miglioramento della
produttività e non al miglioramento del bene comune. Il costo del lavoro deve
aumentare e non diminuire, se vogliamo vivere meglio. Quindi necessità di
risorse, ma rischio di ulteriore peggioramento delle classi più deboli.
Ma oltre alla necessità economica esiste anche la necessità
umanitaria che, giunti nel XXI secolo, nel continente che si crede culla
dell’umanità, non dovrebbe mancare e dovrebbe essere invece al primo posto.
Accogliere è un dovere o un favore? E’ un dovere.
Nasce il secondo problema, l’integrazione è un dovere o un
favore? Prima di tutto dobbiamo chiederci
se o come vogliamo mantenere o modificare la nostra identità culturale e
religiosa (per chi crede) e, successivamente, dobbiamo chiederci come fare.
Questo è culturalismo, non razzismo.
Ma facciamo molta attenzione. Anche il culturalismo, se
vogliamo chiamiamolo pure insieme di moduli mentali morali ed etici, è sempre
al confine con il razzismo e forse non è che una sua morbida declinazione. Affermare
che una etnia tenda a commettere crimini perché è geneticamente predisposta è
un orrore, ma dire che quella etnia è una “cultura disfunzionale” può risultare
del tutto comprensibile, ed occorre fare molta attenzione.
Qual è dunque la chiave di volta? La chiave di volta è l’educazione,
l’istruzione e la tolleranza, reciproche.
Se prendessimo come riferimento persone come don primo
Mazzolari, don Milani o il sindaco di Riace, non avremmo di che discutere.
“Quei cristiani che non hanno rinunciato ad
essere "il sale della terra e la luce del mondo", devono guidare
l'impegno per far capire queste semplici verità: che non si è soli al mondo,
che ci sono anche gli altri e che gli altri sono come noi, con uguale diritto
su quello che Dio, Padre di tutti, ha messo a disposizione di tutti... che si
può stare insieme, lavorare insieme e volerci bene senza che sia necessario
avere lo stesso pensiero, la stessa opinione politica, lo stesso altare.
don Primo Mazzolari, 1945”
Gli unici che non possiamo accogliere sono gli intolleranti.
Giampaolo Sablich
Movimento X - Progetto Per
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