venerdì 12 aprile 2019

Migranti.


Se 500 milioni di ricchi europei non possono trovare una soluzione e assimilare pochi milioni di rifugiati, quali possibilità abbiamo di superare i conflitti assai più seri che affliggono la nostra civiltà globale?” Yuval Noah Harari

L’Europa, che per secoli è stata il centro di esportazione culturale ed economica mondiale, ora si trova ad affrontare il rientro dell’umanità che il suo stesso sviluppo ha attratto, per molteplici ragioni e congiunture, dovute in primo luogo alle guerre e alla povertà.
Guerre e carestie che sono sempre esistite, anzi si sono ridotte nell’ultimo secolo, ma che persistono ancora con particolare evidenza per quanto riguarda i popoli del mediterraneo e del medio oriente a noi prossimi.
Guerre e carestie che sono il frutto di politiche sconsiderate attuate dagli stati imperialisti per oltre 40 anni.
L’Unione Europea è stata costruita con l’assunzione del superamento delle differenze culturali tra i vari popoli europei e potrebbe crollare nella sua incapacità di gestire la spinta migratoria e il relativo innesto culturale, a cui, in nessun modo, presto o tardi non potrà sottrarsi.

Possiamo riassumere la questione su tre dibattiti, seguendo lo spunto che ci dà Yuval Noah Harari: l’accoglienza, l’integrazione e la cittadinanza. Dibattiti che racchiudono in sé un percorso che pragmaticamente nessuno potrà evitare, se non a breve temine.
Chi non vuole accogliere e quindi tradisce gli ideali multiculturali e tolleranti non riuscirà per sempre ad opporsi all’accoglienza, come inutilmente e disumanamente sta facendo Salvini in questo momento e, prima o poi, dovrà farlo.
Le difficoltà che la Comunità Europea ha creato sancendo l’impossibilità tecnica di raggiungere l’Europa dall’Africa tramite voli e navi regolari con la Direttiva 51 del 2001 ha dato il via alla migrazione irregolare. Le società che gestiscono il trasporto dovrebbero secondo tale direttiva garantire il rientro di chi, alla partenza, è considerato irregolare. Praticamente impossibile.
Il trattato di Dublino ha poi delegato agli stati membri la gestione interna degli arrivi, con il beneplacito dell’assenteista per eccellenza, Salvini, che non ha mai dimostrato un benché minimo interesse per la Comunità Europea, ma si è rivolto soltanto, fino a pochi anni fa, ad affrontare la questione meridionale Italiana, con la stessa protervia, razzista e violenza, con cui oggi affronta la questione dei migranti (sarebbe persino stato sottoposto a processo, se non fosse stato salvato dai 5 Stelle, traditori del loro più grande principio di lotta “antipolitica”, il dovere di affrontare la giustizia).
Quando ci si deve muovere per forza, prima o poi ci si muove con forza, se al proprio moto si oppone un’altra forza resistente. Salvini però si godrà la pensione quando la palla politica del suo business personale passerà ai successori.
Le politiche economiche e la crescita negativa della popolazione europea, che invecchia da decenni, richiedono la presenza di altri fratelli, per poter sostenere il modello economico Italiano ed Europeo, senza entrare ora nel merito della sua liceità.
Questo è il fulcro della prospettiva futura dell’Europa che, bisognosa di forza lavoro, potrebbe però portare al solo miglioramento della produttività e non al miglioramento del bene comune. Il costo del lavoro deve aumentare e non diminuire, se vogliamo vivere meglio. Quindi necessità di risorse, ma rischio di ulteriore peggioramento delle classi più deboli.
Ma oltre alla necessità economica esiste anche la necessità umanitaria che, giunti nel XXI secolo, nel continente che si crede culla dell’umanità, non dovrebbe mancare e dovrebbe essere invece al primo posto.
Accogliere è un dovere o un favore? E’ un dovere.
Nasce il secondo problema, l’integrazione è un dovere o un favore?  Prima di tutto dobbiamo chiederci se o come vogliamo mantenere o modificare la nostra identità culturale e religiosa (per chi crede) e, successivamente, dobbiamo chiederci come fare. Questo è culturalismo, non razzismo.
Ma facciamo molta attenzione. Anche il culturalismo, se vogliamo chiamiamolo pure insieme di moduli mentali morali ed etici, è sempre al confine con il razzismo e forse non è che una sua morbida declinazione. Affermare che una etnia tenda a commettere crimini perché è geneticamente predisposta è un orrore, ma dire che quella etnia è una “cultura disfunzionale” può risultare del tutto comprensibile, ed occorre fare molta attenzione.
Qual è dunque la chiave di volta? La chiave di volta è l’educazione, l’istruzione e la tolleranza, reciproche.
Se prendessimo come riferimento persone come don primo Mazzolari, don Milani o il sindaco di Riace, non avremmo di che discutere.

“Quei cristiani che non hanno rinunciato ad essere "il sale della terra e la luce del mondo", devono guidare l'impegno per far capire queste semplici verità: che non si è soli al mondo, che ci sono anche gli altri e che gli altri sono come noi, con uguale diritto su quello che Dio, Padre di tutti, ha messo a disposizione di tutti... che si può stare insieme, lavorare insieme e volerci bene senza che sia necessario avere lo stesso pensiero, la stessa opinione politica, lo stesso altare.
don Primo Mazzolari, 1945”
Gli unici che non possiamo accogliere sono gli intolleranti.

Giampaolo Sablich

Movimento X - Progetto Per

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