Signor Presidente, signor Ministro (o chi per esso),
onorevoli colleghi, in una Nazione civile chi delinque deve scontare la
pena. La pena non è una vendetta o una punizione fine a sé stessa, ma
deve essere l'occasione per attuare una rieducazione che riporti la
persona delinquente alla condizione di cittadino onesto.
Il fine della giustizia deve essere la riabilitazione, come previsto
dall'articolo 27, comma terzo, della Costituzione, citato dal senatore
Barani. Dobbiamo pensare al recupero del detenuto, studiando e
valorizzando un percorso che metta insieme il mondo delle associazioni,
le cooperative, i centri sociali per il volontariato, il mondo del
lavoro e le istituzioni, per ricreare dignità e stima nei detenuti e per
offrire loro la speranza di una vita diversa.
Un giovane recuperato, ovvero estratto dal suo disagio e dalla sua
posizione svantaggiata e al quale verrà offerta la possibilità di
integrarsi e di inserirsi nel mondo del lavoro, sarà per certo un
delinquente in meno. Sarà un uomo in grado di autodeterminarsi, di
produrre e di pagare imposte, invece di essere un costo per la società, e
in molti casi sarà in grado di generare ricchezza e benessere per la
società e per sé stesso.
L'apprendimento, l'esaltazione del talento, l'accesso agli strumenti
didattici e il sostegno dei giovani dalla fine della scuola dell'obbligo
non sono soltanto compiti precisi e morali di ogni società civile, ma
anche un efficace investimento economico e la diminuzione di un futuro
costo economico per la collettività.
Investire in questo significa ridurre i costi di una società in sviluppo
e ridurre i costi di una giustizia e di un sistema carcerario al
collasso. Secondo uno studio condotto dal Dipartimento di polizia
penitenziaria, il costo mensile di un detenuto in un carcere italiano è
di circa 3.511 euro al mese: una cifra importante, che deve indurre lo
Stato e la società a cominciare ad investire nella prevenzione (non solo
nella prevenzione dei reati, ma nella prevenzione dell'attitudine a
delinquere). Non basta svuotare le carceri: investiamo per non
riempirle!
Siamo consapevoli, però, che questo decreto-legge non nasce
dall'esigenza di risolvere il problema carcerario in Italia, ma dalla
necessità di non pagare le multe all'Europa, nostra cara matrigna. La
Corte europea dei diritti dell'uomo, con la cosiddetta sentenza
Torreggiani, ha condannato il nostro Paese per le condizioni in cui sono
costretti a vivere i detenuti, stabilendo il termine ultimo per
rimediare a maggio 2014.
La capienza delle nostre carceri è oltre il limite. In alcuni casi ci
sono sei detenuti in una cella, senza lo spazio necessario per stare
contemporaneamente tutti in piedi, senza le condizioni per vivere
dignitosamente.
Questo ha determinato negli ultimi anni drammatici episodi di suicidi
(parliamo di 1.128 persone dal 1990 al 2011 in Italia), accompagnati da
casi di tentati suicidi, di autolesionismo e da numerose manifestazioni
di protesta.
Sette detenuti però hanno presentato richiesta per danni morali alla
Corte europea, che ha condannato l'Italia a pagare 100.000 euro a
ciascuno di questi. Solo sette? Sì, meno male che la restante
popolazione carceraria non conosce le leggi, non sa la lingua e non fa
questa domanda, altrimenti in breve tempo lo Stato italiano sarebbe al
collasso economico per le multe inflitte dalla Corte europea all'Italia.
Quindi, ancora una volta, l'Europa ci bacchetta e solo allora corriamo ai ripari. Ma in che modo?
Il decreto in questione fa solo da tampone a quella che è la drammatica
situazione carceraria italiana che, ancora una volta, non viene risolta,
anche se, in ordine temporale, questo è il quarto decreto presentato
negli ultimi tre anni sull'argomento. Non viene risolto il problema
perché ancora una volta non viene affrontato, se non marginalmente, il
nodo centrale della riabilitazione del detenuto. Nel decreto in
questione manca la previsione e il potenziamento di programmi di
riabilitazione sociale e lavorativa, di rieducazione, fondamentali per
garantire una giustizia che funzioni.
Infine, per ultimo ma non per importanza, vorrei rivolgere un pensiero
alla Polizia penitenziaria, il cui personale è costretto a condividere
condizioni igienico-sanitarie precarie, a costante rischio della propria
integrità e sicurezza, loro ergastolani pur senza aver commesso reati,
trascinati anch'essi, da uno Stato spesso assente, negli stessi gironi
di cui sono posti custodi. (Applausi dal Gruppo M5S e del senatore
Caliendo).