lunedì 17 febbraio 2014

Intervento Bignami in Senato sul "Decreto svuotacarceri"

Signor Presidente, signor Ministro (o chi per esso), onorevoli colleghi, in una Nazione civile chi delinque deve scontare la pena. La pena non è una vendetta o una punizione fine a sé stessa, ma deve essere l'occasione per attuare una rieducazione che riporti la persona delinquente alla condizione di cittadino onesto.

Il fine della giustizia deve essere la riabilitazione, come previsto dall'articolo 27, comma terzo, della Costituzione, citato dal senatore Barani. Dobbiamo pensare al recupero del detenuto, studiando e valorizzando un percorso che metta insieme il mondo delle associazioni, le cooperative, i centri sociali per il volontariato, il mondo del lavoro e le istituzioni, per ricreare dignità e stima nei detenuti e per offrire loro la speranza di una vita diversa.



Un giovane recuperato, ovvero estratto dal suo disagio e dalla sua posizione svantaggiata e al quale verrà offerta la possibilità di integrarsi e di inserirsi nel mondo del lavoro, sarà per certo un delinquente in meno. Sarà un uomo in grado di autodeterminarsi, di produrre e di pagare imposte, invece di essere un costo per la società, e in molti casi sarà in grado di generare ricchezza e benessere per la società e per sé stesso.

L'apprendimento, l'esaltazione del talento, l'accesso agli strumenti didattici e il sostegno dei giovani dalla fine della scuola dell'obbligo non sono soltanto compiti precisi e morali di ogni società civile, ma anche un efficace investimento economico e la diminuzione di un futuro costo economico per la collettività.

Investire in questo significa ridurre i costi di una società in sviluppo e ridurre i costi di una giustizia e di un sistema carcerario al collasso. Secondo uno studio condotto dal Dipartimento di polizia penitenziaria, il costo mensile di un detenuto in un carcere italiano è di circa 3.511 euro al mese: una cifra importante, che deve indurre lo Stato e la società a cominciare ad investire nella prevenzione (non solo nella prevenzione dei reati, ma nella prevenzione dell'attitudine a delinquere). Non basta svuotare le carceri: investiamo per non riempirle!

Siamo consapevoli, però, che questo decreto-legge non nasce dall'esigenza di risolvere il problema carcerario in Italia, ma dalla necessità di non pagare le multe all'Europa, nostra cara matrigna. La Corte europea dei diritti dell'uomo, con la cosiddetta sentenza Torreggiani, ha condannato il nostro Paese per le condizioni in cui sono costretti a vivere i detenuti, stabilendo il termine ultimo per rimediare a maggio 2014.

La capienza delle nostre carceri è oltre il limite. In alcuni casi ci sono sei detenuti in una cella, senza lo spazio necessario per stare contemporaneamente tutti in piedi, senza le condizioni per vivere dignitosamente.

Questo ha determinato negli ultimi anni drammatici episodi di suicidi (parliamo di 1.128 persone dal 1990 al 2011 in Italia), accompagnati da casi di tentati suicidi, di autolesionismo e da numerose manifestazioni di protesta.

Sette detenuti però hanno presentato richiesta per danni morali alla Corte europea, che ha condannato l'Italia a pagare 100.000 euro a ciascuno di questi. Solo sette? Sì, meno male che la restante popolazione carceraria non conosce le leggi, non sa la lingua e non fa questa domanda, altrimenti in breve tempo lo Stato italiano sarebbe al collasso economico per le multe inflitte dalla Corte europea all'Italia.

Quindi, ancora una volta, l'Europa ci bacchetta e solo allora corriamo ai ripari. Ma in che modo?

Il decreto in questione fa solo da tampone a quella che è la drammatica situazione carceraria italiana che, ancora una volta, non viene risolta, anche se, in ordine temporale, questo è il quarto decreto presentato negli ultimi tre anni sull'argomento. Non viene risolto il problema perché ancora una volta non viene affrontato, se non marginalmente, il nodo centrale della riabilitazione del detenuto. Nel decreto in questione manca la previsione e il potenziamento di programmi di riabilitazione sociale e lavorativa, di rieducazione, fondamentali per garantire una giustizia che funzioni.

Infine, per ultimo ma non per importanza, vorrei rivolgere un pensiero alla Polizia penitenziaria, il cui personale è costretto a condividere condizioni igienico-sanitarie precarie, a costante rischio della propria integrità e sicurezza, loro ergastolani pur senza aver commesso reati, trascinati anch'essi, da uno Stato spesso assente, negli stessi gironi di cui sono posti custodi. (Applausi dal Gruppo M5S e del senatore Caliendo).